La Direttiva UE n. 2018/1910 (pubblicata in G.U.E.E. il 7 dicembre 2018) e il Regolamento UE n. 2018/1912 del 4 dicembre 2018 hanno apportato talune modifiche alla vigente disciplina in materia di IVA (andando così ad emendare la Direttiva 2006/112/CE e il Regolamento UE n. 282/2011) e ciò con specifico riguardo, rispettivamente, al ruolo del numero di identificazione IVA ed alla prova del trasporto dei beni nel territorio di un altro stato membro della Comunità, ai fini della non imponibilità dell‘operazione.
In particolare:
A partire dal 1° gennaio 2020, il numero di identificazione IVA assumerà per l’operatore UE la natura di condizione sostanziale e, quindi, non più meramente formale ai fini dell’applicazione della non imponibilità in fattura.
Per il soggetto residente in Italia il codice di identificazione IVA corrisponde alla Partita IVA preceduta da IT a condizione che sia stata eseguita, ed in corso di validità, l’iscrizione al VIES presso l’Agenzia delle Entrate.
L’applicazione della non imponibilità dell’operazione (c.d. “esenzione” dalla normativa comunitaria) sarà condizionata dalla presenza di quanto segue:
L’articolo 41, comma 1, del D.L. 331/1993 dispone che le cessioni intracomunitarie sono operazioni non imponibili IVA, in quanto alle stesse si applica il regime di “tassazione a destino” a cura del cessionario, nel Paese dello Stato UE di destinazione dei beni, attraverso il meccanismo dell’inversione contabile.
Ai fini dell’applicazione della non imponibilità dell’operazione è necessario che:
Orbene, in merito a tale ultimo requisito, si evidenzia come tanto la Direttiva 2006/112/CE quanto la giurisprudenza comunitaria abbiano lasciato ai vari Stati membri l’onere di disciplinare quali dovessero essere ritenuti validi documenti di prova da esibire per dimostrare l’effettivo trasferimento fisico della merce in un altro Stato UE.
Il che ha determinato grandi incertezze operative per le imprese e per le Amministrazioni Finanziarie, dando origine ad una ridda di interpretazioni diverse, come dimostrato dal consistente contenzioso sul punto.
Nemmeno la normativa italiana ha emanato specifiche disposizioni in materia e, nel corso degli anni, risulta essersi espressa soltanto l’Agenzia delle Entrate con vari documenti di prassi.
Non poteva quindi troppo tardare l’intervento del legislatore comunitario, al fine di uniformare la materia e garantire maggiori certezze agli operatori del settore.
Così, il Regolamento UE n. 2018/1912 ha inserito nel Regolamento UE n. 282/2011 il nuovo art. 45-bis, il quale tipizza le prove attraverso cui si possa presumere che i beni siano trasportati o spediti verso il territorio di uno Stato membro diverso da quello di partenza, e ciò distinguendo il caso in cui il trasporto venga effettuato direttamente dal cedente o da un terzo per suo conto dal caso in cui il trasporto sia eseguito dall’acquirente (o da un terzo per suo conto).
In particolare, al paragrafo 3 dell’articolo 45-bis, vengono previsti i seguenti due distinti gruppi di possibili documenti.
Elementi di prova di cui alla lettera a):
Elementi di prova di cui alla lettera b):
Pertanto, indipendentemente dal soggetto che si occupa del trasporto, il cedente deve essere in possesso:
Inoltre, nel caso in cui i beni siano stati trasportati o spediti dal cessionario o da un terzo per suo conto, è necessario che il cessionario rilasci al cedente una dichiarazione che certifichi che la merce è giunta nel Paese membro di destinazione, che dovrà contenere:
Tale dichiarazione dovrà essere fornita al cedente entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione.
Il paragrafo 2 dell’art. 45-bis stabilisce che «un’autorità fiscale può refutare le presunzioni di cui al paragrafo 1». Pertanto, la possibilità concessa agli Stati di confutare le presunzioni introdotte, degradandole al rango di presunzioni “relative”, suscettibili quindi di prova contraria, potrebbe lasciare margini di discrezionalità eccessivamente ampi alle amministrazioni fiscali, finendo per riproporre le stesse problematiche che si vorrebbero risolvere, con il possibile (per non dire probabile) perdurare del contenzioso sull’effettività del trasferimento dei beni da Stato Membro a Stato Membro, con conseguente disconoscimento del regime di non imponibilità delle relative cessioni.
Per eventuali maggiori informazioni e chiarimenti, potrete rivolgervi alla vostra persona di riferimento per l’elaborazione della dichiarazione Iva.
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